Prendi una Regione autonoma alle prese con scandali continui, arresti e condanne di politici, con un buco nero rappresentato dal Casino. Con una maggioranza raccogliticcia che governa per un solo voto e con partiti che cambiano nome una volta al mese forse per mimetizzarsi. Con uno spreco di denaro inarrestabile, con una classe dirigente pubblica e privata mediocre per essere ottimisti.
Sì, la Valle d’Aosta sembra ormai rassegnata a tornare alle urne in autunno ma, nel frattempo, evita accuratamente di tentare un’inversione di rotta. Meglio spegnersi piano piano, meglio evitare voli pindarici. Meglio lanciarsi in cambiamenti limitati ai vertici dell’Università locale e di un comprensorio sciistico. Con un voto, in quest’ultimo caso, che ha visto l’opposizione prevalere sulla sedicente maggioranza.
In fondo è sacrosanto cacciare il rettore dell’Ateneo valdostano. Aveva osato uscire dalla mediocrità delle gestioni precedenti, aveva guardato troppo lontano, aveva cercato di offrire all’Università degli scenari più vasti, internazionali. Dunque a casa e torniamo al consueto anonimato.
D’altronde è giusto così. Nell’ultimo soviet rimasto in Europa, la Vallée appunto, ogni nomina è politica. Che si tratti di cultura o di una pista da sci. E se non piaci ai nuovi politici, vai a casa. Non hanno alcuna importanza i risultati raggiunti. Possono essere ottimi o disastrosi, non è quello il problema.
Il rinnovamento, in sè, sarebbe anche una gran bella cosa. Se il nuovo che avanza presentasse un briciolo di qualità. Non soltanto di onestà, perché dovrebbe essere una caratteristica di base, ma anche di competenza, di qualità, di professionalità. Invece nulla. Chi può andare a guidare un comprensorio sciistico? Chiunque, un bagnino o un immobiliarista, un esperto di trasporti che elimina il servizio pubblico nelle vacanze dei ponti oppure una cassiera del supermercato, poco importa. Chi può guidare una Università? Un qualunque docente purché sia fedele a chi lo nomina e non abbia velleità di sviluppo.
Tanto il turismo cresce a livello mondiale e qualcuno arriverà anche in Valle d’Aosta. Magari non tornerà, ma arriveranno altri che potranno ripartire delusi. E se si riuscirà a penalizzare l’ateneo, non si dovrà neppure fare i conti con giovani generazioni preparate.
In attesa di un voto anticipato estremamente incerto. La Lega ha governato ed è stata ricacciata all’opposizione, i pentastellati si sono spaccati, il centrodestra (Forza Botulino e la Sorella della Garbatella) non è neppure riuscito ad eleggere un consigliere, proprio come il Pd che si è ora apparentato con uno dei tanti movimenti nati dalle scissioni dell’Union Valdôtaine. Ma tra arresti e condanne lo storico gruppo dirigente dell’Uv è stato decimato ed il partito potrebbe avere la tentazione di richiamare i fuorusciti per provare a ripartire.
Valle d’Aosta nel caos. In attesa del voto fa guerra al rettore ed ai comprensori sciistici
Prendi una Regione autonoma alle prese con scandali continui, arresti e condanne di politici, con un buco nero rappresentato dal Casino. Con una maggioranza raccogliticcia che governa per un solo voto e con partiti che cambiano nome una volta al mese forse per mimetizzarsi. Con uno spreco di denaro inarrestabile, con una classe dirigente pubblica e privata mediocre per essere ottimisti.
Sì, la Valle d’Aosta sembra ormai rassegnata a tornare alle urne in autunno ma, nel frattempo, evita accuratamente di tentare un’inversione di rotta. Meglio spegnersi piano piano, meglio evitare voli pindarici. Meglio lanciarsi in cambiamenti limitati ai vertici dell’Università locale e di un comprensorio sciistico. Con un voto, in quest’ultimo caso, che ha visto l’opposizione prevalere sulla sedicente maggioranza.
In fondo è sacrosanto cacciare il rettore dell’Ateneo valdostano. Aveva osato uscire dalla mediocrità delle gestioni precedenti, aveva guardato troppo lontano, aveva cercato di offrire all’Università degli scenari più vasti, internazionali. Dunque a casa e torniamo al consueto anonimato.
D’altronde è giusto così. Nell’ultimo soviet rimasto in Europa, la Vallée appunto, ogni nomina è politica. Che si tratti di cultura o di una pista da sci. E se non piaci ai nuovi politici, vai a casa. Non hanno alcuna importanza i risultati raggiunti. Possono essere ottimi o disastrosi, non è quello il problema.
Il rinnovamento, in sè, sarebbe anche una gran bella cosa. Se il nuovo che avanza presentasse un briciolo di qualità. Non soltanto di onestà, perché dovrebbe essere una caratteristica di base, ma anche di competenza, di qualità, di professionalità. Invece nulla. Chi può andare a guidare un comprensorio sciistico? Chiunque, un bagnino o un immobiliarista, un esperto di trasporti che elimina il servizio pubblico nelle vacanze dei ponti oppure una cassiera del supermercato, poco importa. Chi può guidare una Università? Un qualunque docente purché sia fedele a chi lo nomina e non abbia velleità di sviluppo.
Tanto il turismo cresce a livello mondiale e qualcuno arriverà anche in Valle d’Aosta. Magari non tornerà, ma arriveranno altri che potranno ripartire delusi. E se si riuscirà a penalizzare l’ateneo, non si dovrà neppure fare i conti con giovani generazioni preparate.
In attesa di un voto anticipato estremamente incerto. La Lega ha governato ed è stata ricacciata all’opposizione, i pentastellati si sono spaccati, il centrodestra (Forza Botulino e la Sorella della Garbatella) non è neppure riuscito ad eleggere un consigliere, proprio come il Pd che si è ora apparentato con uno dei tanti movimenti nati dalle scissioni dell’Union Valdôtaine. Ma tra arresti e condanne lo storico gruppo dirigente dell’Uv è stato decimato ed il partito potrebbe avere la tentazione di richiamare i fuorusciti per provare a ripartire.
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Augusto Grandi
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