Le banche continuano a rappresentare un potere estraneo a quelli che hanno a che fare, in qualche modo, con la democrazia, con un briciolo di rapporto con la gente. Ogni nomina legata alle banche si trasforma in una lotta di potere, in una guerra per bande.
Ora si tratta di scegliere il nuovo segretario generale della Compagnia di Sanpaolo e gli scontri si susseguono. Sotterranei, ovviamente, poiché il popolo bue non deve sapere, non deve capire. Deve solo applaudire quando i media di servizio illustreranno e magnificheranno la figura del prescelto. Che dovrà avere una sola dote: la fedeltà nei confronti di chi lo ha indicato.
Non interessa il curriculum e, in fondo, non interessa nemmeno la persona. Solo che rappresenti la casella giusta in un domino più complesso che coinvolge Banca Intesa e Acri, l’associazione di categoria.
Tutto deve incastrarsi e, per questo, il nuovo segretario della Compagnia di Sanpaolo, cioè la fondazione che finanzia le strategie del Comune di Torino e della Regione Piemonte, potrebbe essere deciso a Milano.
Tanto per chiarire che la capitale sabauda è destinata a trasformarsi in una periferia insoddisfatta di Milano.
Il capoluogo lombardo decide, Torino si allinea. Senza un ministro, senza politici di rilievo, senza una classe imprenditoriale poco più che mediocre (con qualche eccezione ma, appunto, eccezione), senza uno slancio culturale che vada al di là delle banalità del politicamente corretto.
E una fondazione bancaria che risponde a Milano è perfetta per favorire la prosecuzione del declino.
Qualche finanziamento alle iniziative che erano vecchie già ai tempi del Partito d’Azione, un po’ di soldi per un coro di migranti, un sostegno alle mostre d’arte che non richiamano visitatori. Il nulla, insomma.
Non che la situazione odierna sia molto migliore, ma saranno sicuramente in grado di farla ulteriormente peggiorare. Nel silenzio generale, ovviamente.
Perché le associazioni di categoria si guardano bene dall’intervenire per ovviare a questo disastro. D’altronde i vertici spiccano per mancanza di qualità e sarebbe strano vedere qualche risultato almeno decente in ambito culturale, sociale, politico.
Tutti a Milano, così si fa prima.
Photo credits by Maria Infantino
Il risiko delle banche emarginerà Torino
Le banche continuano a rappresentare un potere estraneo a quelli che hanno a che fare, in qualche modo, con la democrazia, con un briciolo di rapporto con la gente. Ogni nomina legata alle banche si trasforma in una lotta di potere, in una guerra per bande.
Ora si tratta di scegliere il nuovo segretario generale della Compagnia di Sanpaolo e gli scontri si susseguono. Sotterranei, ovviamente, poiché il popolo bue non deve sapere, non deve capire. Deve solo applaudire quando i media di servizio illustreranno e magnificheranno la figura del prescelto. Che dovrà avere una sola dote: la fedeltà nei confronti di chi lo ha indicato.
Non interessa il curriculum e, in fondo, non interessa nemmeno la persona. Solo che rappresenti la casella giusta in un domino più complesso che coinvolge Banca Intesa e Acri, l’associazione di categoria.
Tutto deve incastrarsi e, per questo, il nuovo segretario della Compagnia di Sanpaolo, cioè la fondazione che finanzia le strategie del Comune di Torino e della Regione Piemonte, potrebbe essere deciso a Milano.
Tanto per chiarire che la capitale sabauda è destinata a trasformarsi in una periferia insoddisfatta di Milano.
Il capoluogo lombardo decide, Torino si allinea. Senza un ministro, senza politici di rilievo, senza una classe imprenditoriale poco più che mediocre (con qualche eccezione ma, appunto, eccezione), senza uno slancio culturale che vada al di là delle banalità del politicamente corretto.
E una fondazione bancaria che risponde a Milano è perfetta per favorire la prosecuzione del declino.
Qualche finanziamento alle iniziative che erano vecchie già ai tempi del Partito d’Azione, un po’ di soldi per un coro di migranti, un sostegno alle mostre d’arte che non richiamano visitatori. Il nulla, insomma.
Non che la situazione odierna sia molto migliore, ma saranno sicuramente in grado di farla ulteriormente peggiorare. Nel silenzio generale, ovviamente.
Perché le associazioni di categoria si guardano bene dall’intervenire per ovviare a questo disastro. D’altronde i vertici spiccano per mancanza di qualità e sarebbe strano vedere qualche risultato almeno decente in ambito culturale, sociale, politico.
Tutti a Milano, così si fa prima.
Photo credits by Maria Infantino
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Augusto Grandi
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