Domenica il Messico andrà alle urne per eleggere il nuovo presidente. I sondaggi indicano come favorito Andrés Manuel Lòpez Obrador, ex sindaco di Città del Messico ed esponente del Movimento di Rigenerazione Nazionale, un partito di sinistra e populista.
Perché la sinistra può ancora vincere in grandi nazioni quando non si affida agli intellettuali con il cachmerino e la puzza sotto il naso ma punta sul popolo.
E Obrador ha puntato sul popolo e ha suscitato l’orgoglio messicano contro i luoghi comuni negativi propinati dagli statunitensi.
In teoria, in caso di successo, Obrador dovrebbe rappresentare un nemico pericoloso per Donald Trump ma, in pratica, potrebbe diventare un alleato utilissimo. Perché Obrador si indigna per il trattamento riservato dagli yanqui ai messicani ma poi il suo programma prevede iniziative di carattere economico che dovrebbero consentire ai messicani più poveri di avere un futuro in patria senza la necessità di emigrare negli Stati Uniti.
Al di là dell’emigrazione, però, i rapporti tra Messico e Usa non saranno facili. Trump ha messo dazi che penalizzano le esportazioni messicane e uno degli ormai più fedeli sostenitori del presidente americano, cioè Sergio Marchionne, ha già penalizzato alcuni stabilimenti del gruppo Fca in Messico, a vantaggio delle fabbriche Usa. Obrador potrebbe rispondere frenando le esportazioni alimentari dall’America del Nord, con prodotti che hanno distrutto le piccole attività famigliari legate alle coltivazioni nel Sud messicano.
Non va dimenticato che il Messico è uno dei Paesi più ricchi al mondo, solo che la ricchezza è mal distribuita, è penalizzata dalla criminalità, dal narcotraffico, dalla corruzione.
Obrador vuole ridistribuire in modo diverso la ricchezza nazionale, vuole creare infrastrutture, vuole rafforzare il turismo, vuole tutelare le peculiarità culturali ed economiche del sud del Paese. E, ovviamente, vuol combattere il narcotraffico.
Progetti ambiziosi, coraggiosi. Progetti che, secondo logica, dovrebbero portare Obrador a fare da traino alla ripresa di tutta l’America Latina. Invece la logica è sempre assente in questa parte del mondo. Così il Messico rischia di trovarsi danneggiato dalle decisioni di Trump sui dazi e sugli accordi Nafta, senza poter contare su un’alleanza organica ed utile con gli altri Paesi latinoamericani.
Se l’Europa avesse una politica estera comune potrebbe approfittarne per creare rapporti privilegiati con Città del Messico. Invece a Bruxelles sono troppo attenti agli sforamenti dei bilanci per accorgersi che esiste anche un mondo esterno che non è composto solo da disperati o approfittatori.
E gli euro burocrati perderanno anche questa opportunità.
Il Messico al voto. Sinistra favorita perché populista
Domenica il Messico andrà alle urne per eleggere il nuovo presidente. I sondaggi indicano come favorito Andrés Manuel Lòpez Obrador, ex sindaco di Città del Messico ed esponente del Movimento di Rigenerazione Nazionale, un partito di sinistra e populista.
Perché la sinistra può ancora vincere in grandi nazioni quando non si affida agli intellettuali con il cachmerino e la puzza sotto il naso ma punta sul popolo.
E Obrador ha puntato sul popolo e ha suscitato l’orgoglio messicano contro i luoghi comuni negativi propinati dagli statunitensi.
In teoria, in caso di successo, Obrador dovrebbe rappresentare un nemico pericoloso per Donald Trump ma, in pratica, potrebbe diventare un alleato utilissimo. Perché Obrador si indigna per il trattamento riservato dagli yanqui ai messicani ma poi il suo programma prevede iniziative di carattere economico che dovrebbero consentire ai messicani più poveri di avere un futuro in patria senza la necessità di emigrare negli Stati Uniti.
Al di là dell’emigrazione, però, i rapporti tra Messico e Usa non saranno facili. Trump ha messo dazi che penalizzano le esportazioni messicane e uno degli ormai più fedeli sostenitori del presidente americano, cioè Sergio Marchionne, ha già penalizzato alcuni stabilimenti del gruppo Fca in Messico, a vantaggio delle fabbriche Usa. Obrador potrebbe rispondere frenando le esportazioni alimentari dall’America del Nord, con prodotti che hanno distrutto le piccole attività famigliari legate alle coltivazioni nel Sud messicano.
Non va dimenticato che il Messico è uno dei Paesi più ricchi al mondo, solo che la ricchezza è mal distribuita, è penalizzata dalla criminalità, dal narcotraffico, dalla corruzione.
Obrador vuole ridistribuire in modo diverso la ricchezza nazionale, vuole creare infrastrutture, vuole rafforzare il turismo, vuole tutelare le peculiarità culturali ed economiche del sud del Paese. E, ovviamente, vuol combattere il narcotraffico.
Progetti ambiziosi, coraggiosi. Progetti che, secondo logica, dovrebbero portare Obrador a fare da traino alla ripresa di tutta l’America Latina. Invece la logica è sempre assente in questa parte del mondo. Così il Messico rischia di trovarsi danneggiato dalle decisioni di Trump sui dazi e sugli accordi Nafta, senza poter contare su un’alleanza organica ed utile con gli altri Paesi latinoamericani.
Se l’Europa avesse una politica estera comune potrebbe approfittarne per creare rapporti privilegiati con Città del Messico. Invece a Bruxelles sono troppo attenti agli sforamenti dei bilanci per accorgersi che esiste anche un mondo esterno che non è composto solo da disperati o approfittatori.
E gli euro burocrati perderanno anche questa opportunità.
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Augusto Grandi
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