Ma quanti sono i ministri del governo Conte? Pochissimi, considerando il lavoro svolto. Salvini e Di Maio, certo, poi Tria e ogni tanto compare Savona per indirizzare Tria.
Ieri, su Electomag, l’ottimo Cimmino ha riesumato Bussetti, impegnato a cancellare la storia dalla scuola dopo la serie nera Moratti, Gelmini, Fedeli. Ma gli altri?
Indubbiamente la manovra economica è fondamentale, ma ad occuparsene sono i ministeri preposti, come Salvini si occupa di immigrazione e criminalità.
Però un governo è composto anche da altri ministri che dovrebbero interessarsi ai settori di rispettiva competenza.
Però di Sanità non si parla più, dopo gli scontri sui vaccini. L’Ambiente è un tema legato solo alle emergenze, il Turismo è un argomento di interesse solo perché qualche privato organizza convegni e manifestazioni. Di montagna non si parla più, di pesca nemmeno, l’informazione non è cambiata, sui trasporti si discute ma non si decide e si rinvia soltanto, la Cultura ha sfornato solo il provvedimento, sacrosanto, contro le ammucchiate nei musei una volta al mese.
Va benissimo concentrarsi sulla manovra finanziaria e sulla sicurezza, ma gli altri ministri a cosa servono? È vero che dalla manovra deriveranno anche le possibilità di spesa di ciascuno, ma nel frattempo potrebbero anche degnarsi di sfornare qualche idea, qualche proposta. Se però sono come quelle per la riforma dell’esame di Maturità, allora è meglio che stiano fermi.
E la grande rivoluzione della Rai? Un grande successo essere riusciti a nominare Marcello Foa, ma la situazione non è mutata. E non cambierà neppure collocando qualche nuovo direttore, magari cuor di coniglio, alla guida dei Tg.
Non va meglio a livello territoriale. I pentastellati sono zavorrati dai sindaci di Roma e Torino che proprio non suscitano entusiasmi.
I leghisti amministrano al Nord ma senza imporre un cambiamento politico. Lo si vede in Lombardia, che funziona come macchina economica ed amministrativa, ma senza anima. Solo Zaia sta tentando, con eccessiva prudenza, di restituire al Veneto una identità politica.
Mentre in Piemonte il partito di maggioranza, la Lega, è pronto a farsi da parte per consegnare la Regione a qualche esponente di Forza botulino che si opporrà a qualsiasi cambiamento che vada contro il consolidato sistema di potere.
Il governo ha solo 3 ministri? Gli altri sono spariti
Ma quanti sono i ministri del governo Conte? Pochissimi, considerando il lavoro svolto. Salvini e Di Maio, certo, poi Tria e ogni tanto compare Savona per indirizzare Tria.
Ieri, su Electomag, l’ottimo Cimmino ha riesumato Bussetti, impegnato a cancellare la storia dalla scuola dopo la serie nera Moratti, Gelmini, Fedeli. Ma gli altri?
Indubbiamente la manovra economica è fondamentale, ma ad occuparsene sono i ministeri preposti, come Salvini si occupa di immigrazione e criminalità.
Però un governo è composto anche da altri ministri che dovrebbero interessarsi ai settori di rispettiva competenza.
Però di Sanità non si parla più, dopo gli scontri sui vaccini. L’Ambiente è un tema legato solo alle emergenze, il Turismo è un argomento di interesse solo perché qualche privato organizza convegni e manifestazioni. Di montagna non si parla più, di pesca nemmeno, l’informazione non è cambiata, sui trasporti si discute ma non si decide e si rinvia soltanto, la Cultura ha sfornato solo il provvedimento, sacrosanto, contro le ammucchiate nei musei una volta al mese.
Va benissimo concentrarsi sulla manovra finanziaria e sulla sicurezza, ma gli altri ministri a cosa servono? È vero che dalla manovra deriveranno anche le possibilità di spesa di ciascuno, ma nel frattempo potrebbero anche degnarsi di sfornare qualche idea, qualche proposta. Se però sono come quelle per la riforma dell’esame di Maturità, allora è meglio che stiano fermi.
E la grande rivoluzione della Rai? Un grande successo essere riusciti a nominare Marcello Foa, ma la situazione non è mutata. E non cambierà neppure collocando qualche nuovo direttore, magari cuor di coniglio, alla guida dei Tg.
Non va meglio a livello territoriale. I pentastellati sono zavorrati dai sindaci di Roma e Torino che proprio non suscitano entusiasmi.
I leghisti amministrano al Nord ma senza imporre un cambiamento politico. Lo si vede in Lombardia, che funziona come macchina economica ed amministrativa, ma senza anima. Solo Zaia sta tentando, con eccessiva prudenza, di restituire al Veneto una identità politica.
Mentre in Piemonte il partito di maggioranza, la Lega, è pronto a farsi da parte per consegnare la Regione a qualche esponente di Forza botulino che si opporrà a qualsiasi cambiamento che vada contro il consolidato sistema di potere.
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Augusto Grandi
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