Un primo record olimpico l’Italia lo ha conquistato: quello del caos ad ogni livello.
Tre candidature per i Giochi invernali del 2026; poi diventate due; quindi una sola con tre località divise da centinaia di chilometri; poi nessuna perché il governo afferma che il progetto è morto; poi di nuovo una con due località (Milano e Cortina); ma forse rispunta la terza, non più Torino città ma le montagne torinesi.
Insomma, un classico pasticcio di quelli che permettono ai concorrenti internazionali di guardare l’Italia con compatimento: “Les italiens, toujours les italiens”. Una pessima figura, una immagine certo non ideale in una competizione, quella per ottenere l’organizzazione delle Olimpiadi, dove l’immagine è importante.
Ma anche una non brillante figura rimediata dal governo e da Giorgetti in particolare. Che si era impegnato in una missione impossibile ed anche del tutto assurda. Perché è vero che ormai le Olimpiadi sono soltanto un business, sono sempre più immagine e sempre meno sport e ancor meno spirito Olimpico, ma suddividere atleti, allenatori, accompagnatori tra tre sedi principali ed un numero imprecisato di sedi di gara è davvero eccessivo.
La cerimonia di apertura dei Giochi non si può svolgere in tre luoghi diversi contemporaneamente, la chiusura vale molto ma molto meno. Il curling non vale quanto la discesa libera in termini di visibilità, di pubblico e di sponsor. Ed il costo degli impianti, con ricaduta economica ed occupazionale sul territorio, è molto diverso tra una pista per il bob ed una per lo sci di fondo, tra un palazzetto del ghiaccio ed un palco per la premiazione.
Ma anche se, dopo questo pasticcio, l’Italia non dovesse ottenere i Giochi, la candidatura avrebbe effetti positivi di immagine per i primi anni, sino alla designazione ufficiale.
Logico che Sala, sindaco di Milano, voglia che la sua città sia al primo posto nella triplice indicazione. Perché la candidatura diventerebbe, a livello internazionale, quella di Milano e nessuno ricorderebbe gli altri due nomi.
Ma allora perché pagare tutti per promuovere solo Milano? Appendino, sindaco di Torino, si è sfilata. Ma non le località sciistiche torinesi, con Sestriere alla ricerca di un acquirente, possibilmente cinese, per impianti e piste. Ed è ovvio che il prezzo aumenterebbe se nel pacchetto ci fosse anche una candidatura olimpica.
Business, solo business. Lo sport è altra cosa.
Il caos olimpico, in questo l’Italia è da record mondiale
Un primo record olimpico l’Italia lo ha conquistato: quello del caos ad ogni livello.
Tre candidature per i Giochi invernali del 2026; poi diventate due; quindi una sola con tre località divise da centinaia di chilometri; poi nessuna perché il governo afferma che il progetto è morto; poi di nuovo una con due località (Milano e Cortina); ma forse rispunta la terza, non più Torino città ma le montagne torinesi.
Insomma, un classico pasticcio di quelli che permettono ai concorrenti internazionali di guardare l’Italia con compatimento: “Les italiens, toujours les italiens”. Una pessima figura, una immagine certo non ideale in una competizione, quella per ottenere l’organizzazione delle Olimpiadi, dove l’immagine è importante.
Ma anche una non brillante figura rimediata dal governo e da Giorgetti in particolare. Che si era impegnato in una missione impossibile ed anche del tutto assurda. Perché è vero che ormai le Olimpiadi sono soltanto un business, sono sempre più immagine e sempre meno sport e ancor meno spirito Olimpico, ma suddividere atleti, allenatori, accompagnatori tra tre sedi principali ed un numero imprecisato di sedi di gara è davvero eccessivo.
La cerimonia di apertura dei Giochi non si può svolgere in tre luoghi diversi contemporaneamente, la chiusura vale molto ma molto meno. Il curling non vale quanto la discesa libera in termini di visibilità, di pubblico e di sponsor. Ed il costo degli impianti, con ricaduta economica ed occupazionale sul territorio, è molto diverso tra una pista per il bob ed una per lo sci di fondo, tra un palazzetto del ghiaccio ed un palco per la premiazione.
Ma anche se, dopo questo pasticcio, l’Italia non dovesse ottenere i Giochi, la candidatura avrebbe effetti positivi di immagine per i primi anni, sino alla designazione ufficiale.
Logico che Sala, sindaco di Milano, voglia che la sua città sia al primo posto nella triplice indicazione. Perché la candidatura diventerebbe, a livello internazionale, quella di Milano e nessuno ricorderebbe gli altri due nomi.
Ma allora perché pagare tutti per promuovere solo Milano? Appendino, sindaco di Torino, si è sfilata. Ma non le località sciistiche torinesi, con Sestriere alla ricerca di un acquirente, possibilmente cinese, per impianti e piste. Ed è ovvio che il prezzo aumenterebbe se nel pacchetto ci fosse anche una candidatura olimpica.
Business, solo business. Lo sport è altra cosa.
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Augusto Grandi
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