Tutti in piazza il 2 giugno. Contro il governo degli incapaci. Beh, non proprio tutti. Anzi, solo i parlamentari del centrodestra. Non proprio una manifestazione oceanica, in grado di scuotere il Palazzo.
“Andremo in piazza per ascoltare gli italiani”, assicurano i vertici dei partiti di opposizione. Bello, ma da chi vorrebbe governare ci si aspetta una proposta, non solo un ascolto di categorie che chiedono tutto e di più.
Non ci sarebbe bisogno di una manifestazione per scoprire che le richieste sommano la cancellazione delle tasse con denaro pubblico a fondo perduto. “Più pilu per tutti”. Non servono tre partiti di opposizione, basta Cetto Laqualunque. D’altronde è la medesima politica attuata dal lìder minimo: aiuti a pioggia, tanto i soldi piovono dal cielo. E lo stesso vale per alcuni Comuni: buoni pasto regalati a chiunque ne faccia richiesta, a prescindere da qualsiasi condizione di reddito reale. Quando mancheranno i soldi per le grandi opere indispensabili per il rilancio, allora tutti cadranno dalle nuvole e strilleranno perché Stato e Comuni andranno a rubare i risparmi di chi oggi pretende di essere mantenuto senza far nulla.
I partiti di governo, ovviamente, sono pronti a regalare ed a promettere, pur di conservare le poltrone. Ma dall’opposizione ci si aspetterebbe qualcosa di più e di meglio, anche perché potrebbe presentare un piano strategico rivolto al futuro, senza dover fare i conti con la gestione del quotidiano. Invece nulla. Manca, d’altronde, una precisa collocazione politica di uno schieramento per nulla omogeneo e superato dalla realtà.
Non si può stare dalla parte di Confindustria e dei piccoli imprenditori, perché le esigenze sono contrastanti, anche se si finge di non capirlo. Non si può stare dalla parte dei braccianti italiani e di coloro che li sfruttano, dalla parte del cittadino consumatore e dei baristi che hanno aumentato del 30% il prezzo del caffè, dalla parte dei montanari e di chi invoca tagli ai servizi pubblici in montagna in nome dei sacri vincoli di bilancio. Dalla parte di chi vuole i soldi dei turisti ma vietando l’arrivo dei turisti, di chi vuole eliminare ogni vincolo sull’edilizia e di chi vuole difendere l’ambiente deturpato da costruzioni assurde.
Il centrodestra deve uscire dall’ambiguità che lo ha sempre contraddistinto. Un’ambiguità che era comprensibile quando l’area politica era sotto attacco fisico e giudiziario negli anni di piombo. Ma che non ha più ragione di esistere. Ora gli attacchi sono solo politici, giornalistici. Facilitati dal basso livello della classe dirigente. E proprio dall’ambiguità a cui non si vuol rinunciare per raccattare qualche voto in più. Rinunciando, in cambio, a qualsiasi strategia che richiederebbe una visione, una prospettiva diversa da quella di una poltrona in più.
Centrodestra in piazza con la bandiera dell’ambiguità
Tutti in piazza il 2 giugno. Contro il governo degli incapaci. Beh, non proprio tutti. Anzi, solo i parlamentari del centrodestra. Non proprio una manifestazione oceanica, in grado di scuotere il Palazzo.
“Andremo in piazza per ascoltare gli italiani”, assicurano i vertici dei partiti di opposizione. Bello, ma da chi vorrebbe governare ci si aspetta una proposta, non solo un ascolto di categorie che chiedono tutto e di più.
Non ci sarebbe bisogno di una manifestazione per scoprire che le richieste sommano la cancellazione delle tasse con denaro pubblico a fondo perduto. “Più pilu per tutti”. Non servono tre partiti di opposizione, basta Cetto Laqualunque. D’altronde è la medesima politica attuata dal lìder minimo: aiuti a pioggia, tanto i soldi piovono dal cielo. E lo stesso vale per alcuni Comuni: buoni pasto regalati a chiunque ne faccia richiesta, a prescindere da qualsiasi condizione di reddito reale. Quando mancheranno i soldi per le grandi opere indispensabili per il rilancio, allora tutti cadranno dalle nuvole e strilleranno perché Stato e Comuni andranno a rubare i risparmi di chi oggi pretende di essere mantenuto senza far nulla.
I partiti di governo, ovviamente, sono pronti a regalare ed a promettere, pur di conservare le poltrone. Ma dall’opposizione ci si aspetterebbe qualcosa di più e di meglio, anche perché potrebbe presentare un piano strategico rivolto al futuro, senza dover fare i conti con la gestione del quotidiano. Invece nulla. Manca, d’altronde, una precisa collocazione politica di uno schieramento per nulla omogeneo e superato dalla realtà.
Non si può stare dalla parte di Confindustria e dei piccoli imprenditori, perché le esigenze sono contrastanti, anche se si finge di non capirlo. Non si può stare dalla parte dei braccianti italiani e di coloro che li sfruttano, dalla parte del cittadino consumatore e dei baristi che hanno aumentato del 30% il prezzo del caffè, dalla parte dei montanari e di chi invoca tagli ai servizi pubblici in montagna in nome dei sacri vincoli di bilancio. Dalla parte di chi vuole i soldi dei turisti ma vietando l’arrivo dei turisti, di chi vuole eliminare ogni vincolo sull’edilizia e di chi vuole difendere l’ambiente deturpato da costruzioni assurde.
Il centrodestra deve uscire dall’ambiguità che lo ha sempre contraddistinto. Un’ambiguità che era comprensibile quando l’area politica era sotto attacco fisico e giudiziario negli anni di piombo. Ma che non ha più ragione di esistere. Ora gli attacchi sono solo politici, giornalistici. Facilitati dal basso livello della classe dirigente. E proprio dall’ambiguità a cui non si vuol rinunciare per raccattare qualche voto in più. Rinunciando, in cambio, a qualsiasi strategia che richiederebbe una visione, una prospettiva diversa da quella di una poltrona in più.
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Augusto Grandi
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